Diario di viaggio
Australia – Ottobre 2006
PARTE 5 – SOUTH AUSTRALIA
Sabato, 21 ottobre 2006
ADELAIDE – CAPE JERVIS (110 km)
Traghetto per KANGAROO ISLAND (45 minuti)
PENNESHAW – KINGSCOTE – SEAL BAY CONSERVATION PARK – FLINDERS CHASE NP – KINGSCOTE (333 km)
Alle sette di mattina siamo in viaggio verso CAPE JERVIS. Da Adelaide ci sono poco più di 100 km. Attraversiamo la FLORIEU PENINSULA. Ricorda tanto un paesaggio toscano. La strada sinuosa si snoda in mezzo a colline a ridosso del mare. C’è una grande tranquillità. Le pecore pascolano nei campi, i canguri brucano indisturbati nei prati. Ormai prossimi alla meta avvistiamo l’isola proprio di fronte a noi.
Tramite il sito internet della SEALINK (www.sealink.com.au), la società che gestisce i collegamenti con l’isola, abbiamo prenotato il traghetto (andata e ritorno) assieme ai pernottamenti per le prossime due notti (AUD 574 spesa complessiva).
Il traghetto parte alle 09.00. Nella prenotazione è indicato di arrivare mezz’ora prima per recarsi all’ufficio e ritirare i biglietti. Poco dopo le otto siamo già arrivati e non siamo i primi. L’ufficio apre alle 08.30, ritiriamo i biglietti e saliamo a bordo con un buon cappuccino fumante. E’una bella giornata di sole ma l’aria è frizzante.
Il tratto di mare che separa l’isola dalla costa non è ampio. Il traghetto procede lentamente ed è meglio restare seduti perché ondula fortemente.
Sbarchiamo a Penneshaw e prendiamo la HOG BAY ROAD, la strada per arrivare a Kingscote, che dista 65 km, dove abbiamo prenotato da dormire. Arriviamo al Kangaroo Island Seaview Motel (www.seaview.net.au), lasciamo i bagagli e ci dirigiamo verso il SEAL BAY CONSERVATION PARK (58 km). La strada è incorniciata da campi dove pascolano le pecore, da boschi di eucalipti e qualche volta si vede anche il mare. Stiamo andando a vedere le otarie. In una zona protetta dove è possibile accedere solo con la guida del parco, vive una colonia di otarie australiane selvatiche . Dopo aver pagato l’ingresso (AUD 13,5 a persona) si arriva alla spiaggia percorrendo una passerella in legno. E’ una giornata magnifica. Il mare ha un colore fantastico. Non ci sono parole per descrivere la bellezza di questo posto. Lungo tutta la spiaggia ci sono le otarie che riposano, giocano e con molta calma si spostano per arrivare fino all’acqua. Sono dolcissime. La guida ci raccomanda di rimanere in gruppo e di non provare ad accarezzarle nel caso si avvicinino. Rimaniamo per una buona mezz’ora in osservazione, estasiati da questo angolo di paradiso su di un’isola che è essa stessa un paradiso naturale. Se vogliamo continuare ad osservarle, possiamo percorrere la passerella parallela che si affaccia sulla spiaggia. E’ quello che facciamo dopo pranzo e tra la sabbia scorgiamo uno scheletro di balena.
LE OTARIE AUSTRALIANE
L’otaria australiana è una delle specie di foca più rare, con una popolazione totale di 12.000 esemplari. Circa 8.500 otarie vivono vicino alla costa del Sud Australia e 3.500 vivono vicino alla costa dell’Australia Occidentale.
Dal 1803 al 1836 oltre 500 cacciatori di foche furono attratti dalla costa di Kangaroo Island e cacciarono le colonie di otarie australiane fin quasi all’estinzione. Le pelli e l’olio di foca furono tra i primi prodotti esportati da Kangaroo Island.
Le spiagge e le baie incluse nel Seal Bay Conservation Park offrono un’abitazione ideale per queste otarie australiane. Anche se a volte vengono a terra per riposarsi in altre zone della costa, la maggioranza vive, si riproduce e muore qui. Le otarie femmine adulte vengono a terra per riposarsi ad allattare i cuccioli. Le insenature rocciose delle aree dove si riproducono, forniscono luoghi riparati per i cuccioli.
I cuccioli imparano a nuotare nella baia riparata dalla scogliera prima di avventurarsi nelle acque dell’oceano. Le dune di sabbia offrono protezione contro i venti freddi del sud e contro la pioggia.
Le otarie mangiano quello che capita, cacciando una vasta gamma di prede che include calamari, polipi, pesci ed alcuni crostacei. Di solito cacciano da sole, tuffandosi da 900 a 1200 volte nei tre giorni che stanno in mare. E stato documentato che certi maschi si tuffano fino a 275 metri di profondità e stanno immersi per circa 7 minuti. Le femmine di solito si tuffano fino a 80 metri e stanno immerse per 4-5 minuti.
Le otarie hanno agilità e velocità fantastiche, utili non solo per cacciare la preda, ma anche per sfuggire ai loro predatori principali, i grandi squali. La maggior parte delle otarie riesce a sfuggire agli squali, ma le più lente, deboli o prese di sorpresa soccombono.
Accoppiamento e riproduzione si verificano contemporaneamente durante un periodo di circa 6 mesi. Le femmine si accoppiano 7-10 giorni dopo aver avuto il cucciolo. I maschi sono aggressivi per tutto il periodo di riproduzione e si combattono per la supremazia e le opportunità di accoppiarsi. I maschi occupano dei territori poco definiti nelle zone di riproduzione e difendono una femmina particolare o un luogo preferito per far nascere i cuccioli.
Le otarie hanno i cuccioli ogni 17-18 mesi, di solito nelle scogliere o nelle insenature protette vicino alla spiaggia principale. Di solito il cucciolo è allattato fino a poco prima della nascita del cucciolo successivo.
Un cucciolo su tre vive fino a raggiungere la maturità. Gli animali sani e robusti possono vivere fino a 20 anni o più. (depliant in lingua italiana fornitoci all’ingresso del parco)
Poco distante da qui si trovano delle dune di sabbia che prendono il nome di LITTLE SAHARA. La luce riflessa sulla sabbia è abbagliante. Risaliamo qualche duna affondando i piedi nella sabbia. Tra i cespugli che spuntano qua e là ci sono dei bellissimi fiori. Sulle dune ci sono dei bambini che con una piccola tavola da surf si lasciano scivolare lungo il pendio.
Da qui ci dirigiamo verso il FLINDERS CHASE NATIONAL PARK che si trova nella parte sud ovest dell’isola. Lungo il tragitto ci fermiamo al KOALA WALK. Qui lungo un viale di eucalipti ci mettiamo alla ricerca dei KOALA. Chi è già lì ce ne indica uno propria sopra di noi. E’ appoggiato a pancia in giù sui rami di un albero che gli fanno da giaciglio. E’ immobile. Non è molto lontano da noi ma non si accorge della nostra presenta visto che sta dormendo. Da questo momento ne vediamo diversi esemplari. Ce ne sono che dormono nelle posizioni più strane e sembra che debbano cadere da un momento all’altro. Altri mangiano voracemente le foglie e si spostano agilmente sui rami. Sono veramente in alto e li vediamo dondolarsi sui rami spostati dal vento. Rocco ne scorge uno con il piccolo in grembo. Lo protegge amorevolmente e dopo un po’ di attesa vedo spuntare il piccolo koala tra le braccia della mamma. Che gioia! Vorrei tanto accarezzarli e abbracciarli! Ma sono già contenta così.
Riprendiamo la strada verso il parco. Quando arriviamo sono quasi le cinque di pomeriggio e il visitor center sta per chiudere. Qui ci dicono che per oggi non dobbiamo pagare l’ingresso al parco (15 AUD) quindi proseguiamo in direzione delle REMARCABLE ROCKS e dell’ ADMIRAL’S ARCH. L’accesso al parco è consentito dall’alba al tramonto. La strada è bellissima, un po’ stretta ma molto panoramica. Dall’alto di BUNKER HILL si domina una vallata ricoperta di alberi fittissimi, YACCA FLAT, dove l’opera dell’uomo è intervenuta per ricavare la strada in cui ci troviamo.
Come prima meta andiamo alle REMARCABLE ROCKS. Le vediamo già da lontano lungo la strada, in cima alla scogliera che si affaccia su Weirs Cove. Queste rocce a strapiombo sul mare sono state modellate dal vento e dalla pioggia assumendo forme particolari.
Prossima tappa il CAPE DU COUEDIC. Un faro domina il mare dall’alto. Da qui una passerella in legno si snoda lungo il pendio e scende lungo la scogliera fino ad arrivare all’ADMIRAL’S ARCH. E’ emozionante. Avendo visto l’arco nelle foto dei depliant, non riesco a capire dove sia. E’ una scoperta mozzafiato. L’arco ci appare nel suo splendore al di sotto della roccia dove ci trovavamo qualche minuto fa. La luce a quest’ora è fantastica. Vorremmo aspettare fino al tramonto per vedere i raggi del sole filtrare attraverso l’arco ma non è possibile. Per prima cosa siamo abbastanza lontani da Kingscote (120 km), seconda cosa è sconsigliato viaggiare con il buio per la presenza di molti animali (per arrivare qui abbiamo visto molti animali morti lungo il ciglio della strada) e terza questa sera dobbiamo andare a vedere i pinguini. Lungo la via del ritorno ci attraversa la strada un ECHIDNA. Ci fermiamo e la vediamo tra le sterpaglie. Si confonde facilmente nell’ambiente in cui si trova e la perdiamo di vista. Arriviamo all’albergo quando ormai è già buio. Mangiamo qualcosa e raggiungiamo la marina. Qui organizzano le uscite serali per vedere i pinguini. Si tratta di esemplari molto piccoli dal piumaggio blu. Trascorrono la giornata in mare a caccia di cibo e al tramonto rientrano nelle loro tane tra le gli scogli. La guida ci accompagna sulla spiaggia e tra un racconto e l’altro ci fermiamo ad osservare i pinguini. Questa zona è protetta e dopo una certa ora non è possibile accedervi senza essere accompagnati dalle guide. Fa veramente buoi e procediamo con cautela.
La guida illumina i pinguini con una lampada a luci rosse e ci vieta l’uso del flash. Ce ne sono tantissimi e vediamo anche un piccolo mentre viene nutrito dalla mamma. Sono proprio buffi e sembrano abituati alla presenza dell’uomo.
Alla fine del tour rientriamo in albergo. Abbiamo ancora tutto domani per esplorare l’isola con calma.
www.tourkangarooisland.com.au
PINGUINO MINORE
Nidifica su coste e isole dell’Australia meridionale e sud-orientale, e della Nuova Zelanda. Passa l’inverno in mare aperto. Sulla terraferma, questo pinguino evita i predatori grazie alle abitudini notturne e al piumaggio di colore blu. Si alimenta in mare, nuotando sott’acqua per prendere pesci. Quando non si riproducono o sono in muta, i pinguini minori di solito si lasciano galleggiare in mare aperto. I gruppi giungono alle colonie con il buio e le lasciano prima dell’alba. I pinguini usano tane sotterranee per nidificare e, in seguito, restano nelle tane per mutare il piumaggio. Sonori richiami come ragli e guaiti ne tradiscono la presenza. I genitori si danno turni di alcuni giorni per covare le uova e curare i piccoli.
ECHIDNA
Ordine: Monotremi Classe: Mammiferi CARATTERISTICHE:
Quest’ordine comprende animali particolari che racchiudono alcune caratteristiche proprie dei Mammiferi altre dei Rettili. Si parla pertanto di una forma antica di Mammifero. Alcune caratteristiche come una parte dello sviluppo dell’embrione all’interno dell’uovo e la presenza di una porzione terminale dell’intestino, nella quale confluiscono sia l’apparato riproduttore che quello escretore la incontriamo anche negli Anfibi, nei Rettili e negli Uccelli. In realtà molte altre caratteristiche come la pelliccia, le ghiandole mammarie, un singolo osso della mascella inferiore e tre piccoli ossicini dell’orecchio ci fanno capire che si tratta di veri e propri Mammiferi. Altra caratteristica fondamentale riguarda la temperatura: tutti i Mammiferi infatti hanno una propria temperatura interna non dipendente dalla temperatura dell’ambiente circostante. La temperatura corporea è comunque sempre superiore a quella esterna. L’echidna può essere facilmente riconosciuta per la presenza di aculei posti tra la pelliccia, che varia dal nero al marrone. Spicca il muso particolarmente allungato, cilindrico e privo di peli e di aculei, con all’estremità le narici. L’apertura boccale permette appena la fuoriuscita della lingua cilindrica. Gli aculei nascondono la coda e le orecchie piuttosto larghe e poste verticalmente dietro gli occhi. Il maschio, più grande della femmina, può essere anche riconosciuto anche per la presenza di uno sperone sulla zampa posteriore. Le zampe corte ma forti, dotate di unghie potenti consentono all’animale di scavare rapidamente nel terreno duro. L’echidna è lunga dai 35 ai 53 cm, esclusa la coda, che è corta e pesa 5-10 kg.
VITA ED ABITUDINI:
L’echidna è un animale piuttosto solitario, la cui attività è molto condizionata dalla temperatura. Generalmente è attivo all’alba e al tramonto, ma, nei periodi più caldi, preferisce cacciare di notte; se la pioggia persiste per lunghi periodi, l’echidna cerca rifugio in attesa di un miglioramento. Al sopraggiungere della stagione più fredda, l’echidna entra in uno stato prolungato di inattività. E’ un carnivoro terrestre e si nutre di formiche e di termiti e anche di altri insetti non coloniali e di vermi. A questi animali non servono, quindi, dei denti per strappare e per tagliare il cibo, bensì delle strutture che consentano di macinare gli insetti. Per catturare i vermi, l’echidna presenta una lingua armata di piccole spine che intrappolano gli invertebrati. L’olfatto per cercare le prede è molto utilizzato e, quando queste sono individuate, l’echidna estroflette la lunga e flessibile lingua. Questa è lubrificata da sostanze vischiose alle quali formiche e termiti aderiscono. L’echidna possiede dei piccoli occhi sporgenti, probabilmente per la vita che conduce una buona vista non è necessaria. Diversamente l’udito sembra essere buono e, se disturbati anche a distanza, cercano la fuga o un nascondiglio o si appallottolano. L’echidna possiede, inoltre, delle ghiandole velenifere non funzionanti. Quando questo Monotremo è disturbato o spaventato innalza i propri aculei per difendersi, assumendo una forma tondeggiante. Gli aculei possono essere drizzati grazie ad un leggero strato di muscoli posto nella pelle. Per assicurarsi maggior protezione, se il suolo lo consente, può scavare velocemente una buca e nascondersi completamente. Non sono molte le conoscenza sull’echidna sia per quanto riguarda la gestazione e la longevità in natura (in cattività l’echidna istrice supera i 50 anni). L’echidna non costruisce una tana stabile, realizzata di solito nelle cavità degli alberi, tra i cespugli o sotto i rami. Il nido fisso è costruito dalla femmina solo quando sta incubando l’uovo o quando sta alimentando la prole. Durante il periodo riproduttivo, tra luglio ed agosto, le femmine emettono degli odori particolari per attirare l’attenzione dei maschi. In questo periodo l’echidna abbandona il proprio stato di animale solitario e più maschi si lanciano all’inseguimento di una singola femmina. Poiché la femmina non possiede mammelle, si forma nel periodo della riproduzione una sorta di sacca addominale, detto marsupio, che ospiterà il piccolo nei primi mesi di crescita. Sicuramente la particolarità principale è che gli Tachiglossidi non fanno nascere dei piccoli vivi, bensì depongono delle uova. Di solito si tratta di due uova grandi come un uovo di gallina, di color giallo, e con il guscio tenero, simile a quello delle tartarughe. Queste uova si sviluppano e crescono nell’utero materno e, quando iniziano a muoversi, sono espulse e terminano nel marsupio. La femmina si piega in modo molto accorto in modo tale da far scivolare le uova direttamente nel marsupio. I piccoli si liberano del guscio grazie ad un unico dente aguzzo cresciuto proprio a tale scopo e che successivamente scompare. Alla nascita il piccolo echidna misura appena 15 mm, è completamente nudo e presenta il muso allungato rivolto all’insù. Per alcuni mesi il piccolo rimane nella sacca materna leccando il latte che viene disperso tra i peli: quindi questi Mammiferi non succhiano il latte, e nemmeno viene loro iniettato in bocca, semplicemente lo leccano sui peli su cui scorre. Con la crescita anche gli aculei iniziano a formarsi e così la madre infastidita, lascia il piccolo in una buca nel terreno e per alcune settimane lo continua ad allattare e ad accudire. Divenuti indipendenti i giovani seguono la madre per qualche settimana. Nelle zone dove abbondano formiche e termiti, le echidne più piccole vengono tenute come utili animali da compagnia; infatti vivono a lungo e, nonostante il loro ispido mantello, hanno un temperamento mite. Gli unici nemici naturali delle echidne sono gli uomini, che a volte se ne cibano. Lo possiamo ammirare sulle montagne della Nuova Guinea, in Tasmania e in Australia.. L’echidna modifica la sua strategia alimentare tra agosto e settembre. Infatti, in questi mesi fa razzia nei nidi di una particolare specie di formica, cibandosi delle femmine particolarmente grosse. Il Monotremo rischia molto perché questi insetti possiedono un pungiglione molto doloroso. Nei rimanenti mesi dell’anno, quando probabilmente le femmine di queste formiche non sono particolarmente appetitose, i nidi sono attentamente evitati.
Domenica, 22 ottobre 2006
KINGSCOTE – FLINDERS CHASE NATIONAL PARK – PENNINGTON BAY – KINGSCOTE (295 km)
Questa mattina facciamo con calma. Dopo colazione prendiamo la SOUTH COAST ROAD verso il FLINDERS CHASE NP. Anche oggi è una splendida giornata di sole.
All’interno del parco c’è un lago dove è possibile vedere gli ORNITORINCHI, PLATYPUS WATERHOLES WALK. Per arrivarci però bisogna percorrere una strada sterrata. Noi non abbiamo la macchina con le quattro ruote motrici. La distanza da percorrere non è tanta e quindi decidiamo di andare. Dopo neanche due chilometri decidiamo di tornare indietro perché con la nostra macchina non è possibile procedere decentemente e rischiamo di rovinarla e di rimanere a piedi. (dobbiamo arrivare fino a Sydney!). Mentre facciamo inversione vediamo un’ECHIDNA. Ci fermiamo e la osserviamo bene da vicino. Si muove velocemente e con il becco scava una buca. Tornati sull’asfalto sani e salvi raggiungiamo le REMARKABLE ROCKS. Qui passeggiamo sulle rocce e mentre Rocco scatta alcune foto, io mi godo il sole aggiornando il diario di viaggio. C’è anche una piacevole arietta che mitiga la temperatura. Non andrei più via. E’ quasi ora di pranzo quando arriviamo a CAPE DE COUEDIC . Qui consumiamo il pranzo al sacco e poi ci dirigiamo all’ADMIRAL’S ARCH. Rimaniamo qui per una buona oretta. Osservando attentamente tra le rocce a picco sul mare, si possono scorgere diversi leoni marini “spaparazzati” al sole. Altri si divincolano tra le onde impetuose che si infrangono rumorosamente.
Tornando verso KINGSCOTE ci fermiamo nuovamente al KOALA WALK. Questa volta riesco a riprendere un koala anziano, “old boy” come viene definito da una ranger che accompagna alcuni turisti italiani, che arriva da dietro un cespuglio, percorre un tratto di prato (si muove lentamente ma sembra sicuro di sé) e poi si arrampica su di un albero. Le sorprese non sono finite perché proprio quando stiamo per andare via, in uno dei pochi alberi che si trovano nel parcheggio, c’è la mamma koala con il cucciolo. Sono fantastici!.
Proseguiamo l’itinerario fino a PENNINGTON BAY. Arriviamo nella baia. C’è un’ampia spiaggia protetta dalla scogliera. Il vento, unito allo sciabordio delle onde, ci fa da sottofondo. Scendiamo alla spiaggia e facciamo una passeggiata.
Prima di rientrare in albergo andiamo alla spiaggia dove ieri sera abbiamo visto i pinguini. Di giorno c’è il libero accesso. Non vediamo nessun pinguino tranne quello che ha il nido sotto ad un ponte in legno. E’ ancora lì. Ci osserva con gli occhi spalancati. Non vogliamo spaventarlo. Lo osserviamo da lontano e poi andiamo via.
Per cena questa sera compriamo qualcosa in una rosticceria: gamberi e calamari fritti con patate. Per digerire facciamo una passeggiata alla marina fino ad arrivare alla spiaggia. Dopo il tramonto l’accesso è negato. Aspettiamo nell’attesa di vedere dei pinguini e il caso vuole che prima li sentiamo e poi ne vediamo proprio due al di là della staccionata. Ma è troppo buio per fotografarli o riprenderli con la telecamera. Sono veramente buffi. Rimaniamo ad osservarli fino a quando li vediamo scomparire lungo la passerella che porta alla spiaggia. Rientriamo in albergo, facciamo le valige. Domattina abbiamo il traghetto alle 08.30 per Cape Jervis.
Lunedì, 23 ottobre 2006
KINGSCOTE – PENNESHAW (65 km)
Traghetto PENNESHAW – CAPE JERVIS : 45 minuti
PENNESHAW – MOUNT GAMBIER (503 km)
Ci svegliamo molto presto. Pronti via verso un’altra avventura. Alle sette lasciamo la comunità di Kingscote ancora addormentata. Il sole è sempre il nostro compagno di viaggio. Possiamo andare con calma visto che siamo in largo anticipo sulla tabella di marcia. Il traghetto salpa alle 08.30. E’ importante aver già prenotare il traghetto altrimenti si rischia di rimanere sull’isola. Quando arriviamo a Penneshaw, facciamo i biglietti e ci mettiamo in fila. Questa volta insieme a noi sul traghetto, viaggeranno anche un bel numero di pecore tutte ammassate su due camion affiancato da un altro che trasporta bovini. Per non perdere le buone abitudini faccio colazione con un buon cappuccino e una pasta dolce alla cannella (un po’ stomachevole). Terminate le operazioni di sbarco da CAPE JERVIS prendiamo in direzione est. Percorriamo una strada tortuosa tra colline, pascoli e campi coltivati fino ad arrivare alla località di VICTOR HARBOR sul mare, poi a GOOLWA e dritti fino a STRATHLABYN sulla B37. Da qui la strada diventa più regolare e scorrevole. La nostra meta di oggi è MOUNT GAMBIER che si torva a pochi km dalla linea di confine che separa lo stato del SOUTH AUSTRALIA da quello di VICTORIA.
Arrivati a WELLINGTON dobbiamo prendere un traghetto (gratuito) per attraversare il fiume MURRAY. Sulla cartina non è indicato. Aspettiamo più di mezz’ora prima che tocchi a noi. Superato il fiume proseguiamo sulla B1 in direzione MENINGIE, lungo la LIMESTONE COAST in prossimità del Parco Nazionale del Coorong. Qui ci fermiamo per pranzare sulle sponde di LAKE ALBERT. Ci fanno compagnia dei gabbiani, anatre e alcuni pellicani. I km ancora da percorrere non sono pochi. . Durante la sosta telefoniamo per prenotare da dormire per questa notte a MONT GAMBIER e per domani notte a PORT CAMPBELL. Abbiamo a nostra disposizione un piccolo catalogo con tutti gli alberghi del gruppo “GOLDEN CHAIN” dove abbiamo già dormito e dove ce lo siamo procurato.
E’ l’una passata quando ripartiamo. Dopo 145 km ci fermiamo a KINGSTON S.E. per sgranchirci le gambe e fare una pausa. La strada attraversa estese praterie con allevamenti di pecore e bovini. Ogni tanto c’è anche qualche canguro. Da questo momento viaggiamo sulla PRINCES HWY (B1) la strada interna rispetto a quella costiera B101, per arrivare a MILLICENT dopo altri 105 km. Gli ultimi 50 km che mancano all’arrivo sono una passeggiata!
MOUNT GAMBIER sorge alle pendici di un vulcano estinto, da cui prende il nome. Questa località è circondata da laghi formatisi nei crateri di vulcani adiacenti e da caverne e grotte sotto i vulcani dove praticare sub. Sono le 16.20 quando varchiamo la soglia del Tourist Information di Mount Gambier. Chiediamo una cartina del luogo e alcune informazioni sulle attrattive dell’area. Andiamo al motel,che abbiamo già prenotato, ARKANA MOTEL (AUD 94) poi facciamo un salto alla zona dei laghi a soli 3 km dal centro cittadino. Il Blue Lake le cui acque in novembre passano da un colore grigio ad un colore blu intenso, è il più caratteristico.
Dopo cena siamo pronti per una passeggiata serale dopo quasi 600 km di macchina!
http://www.goldenchain.com.au/home
http://www.arkanamotorinn.com.au/
http://www.mountgambier.sa.gov.au/